L’umiliazione guarisce il bullismo?
- Pubblicato da Emanuela Cattaneo
- Categoria Cultura e società
- Data 8 Dicembre 2022
Di pochi giorni fa la notizia dello studente bullizzato nel trevigiano che avrebbe preferito morire piuttosto che sottoporsi nuovamente ai soprusi che subiva ormai da mesi. Conclusione: il ragazzo, undicenne, si ritira da scuola. Ennesima storia di vessazione che colpisce al cuore. Ennesimo dramma consumato tra le mura scolastiche, che dovrebbero tutelare il diritto allo studio e la serenità di un bambino i quali invece vengono dolorosamente negati. Nel mentre il nuovo Ministro dell’istruzione Valditara – certamente in un momento di maldestrezza verbale - parla dell’umiliazione come strumento educativo.
“NON TORNO, MEGLIO MORIRE”.
Queste le parole dello studente bullizzato di undici anni che nel trevigiano, semplicemente, dopo aver resistito per mesi, non ne poteva più. Tre compagni, fra gli 11 e 14 anni lo picchiavano e insultavano, col cellulare in mano per registrare le bravate. Angherie culminate nel tentativo di indurlo a suicidarsi nel Piave. I tre sono stati denunciati per atti di bullismo e istigazione al suicidio.
Compagni di scuola, prima amici e poi, una volta “abbandonati”, nemici. Racconta il padre: "Era da tempo che mio figlio si era distaccato da queste amicizie. Aveva visto che i compagni si lasciavano andare spesso a comportamenti che riteneva sbagliati, come ad esempio suonare i campanelli e poi fuggire. Non era una compagnia adatta". Da lì partono le ritorsioni, insulti e soprusi anche per essere figlio di una coppia mista.
DOVERI E POSSIBILITÀ DELLA SCUOLA
Non c’è stato verso, la mamma dello studente bullizzato, esasperata, ha dovuto ritirare il figlio da scuola.
Grande la delusione nei confronti della scuola. Prosegue il padre: "Ai miei tempi avrebbero convocato i ragazzi (che frequentano la seconda e la terza media nello stesso istituto della vittima) e gli avrebbero parlato, anzi gli avrebbero fatto una vera e propria ramanzina con i genitori presenti. E invece - accusa l'uomo - tutto quello che ci hanno saputo dire è il percorso che intendono seguire. Una strada che ritengo impregnata di burocrazia". E non si poteva proteggere il ragazzo in classe: “ci è stato risposto che non era possibile dato che non avrebbero potuto garantire la presenza di una persona a presidio della sua incolumità".
Didattica a distanza?
Scuole CODE è la scuola che studia con te!
LE “UMILIAZIONI”
Dall’altra parte, negli stessi giorni, il nuovo ministro della scuola e del merito Valditara, parla proprio della necessità dell’intervento delle scuole, ma con parole in parte discutibili. “Noi dobbiamo ripristinare non soltanto la scuola dei diritti, ma anche la scuola dei doveri. Quel ragazzo (riferendosi al responsabile degli atti di bullismo avvenuti a Gallarate, il mese scorso ndr) deve fare lavori socialmente utili, perché soltanto lavorando per la collettività, per la comunità scolastica, umiliandosi anche, evviva l’umiliazione che è un fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità. Di fronte ai suoi compagni è lui, lì, che si prende la responsabilità dei propri atti e fa lavori per la collettività. Da lì nasce il riscatto. Da lì nasce la maturazione. Da lì nasce la responsabilizzazione.”
Umiliazione???
Discorso antico, semplicistico e francamente sbagliato. La pedagogia ha ormai dimostrato che repressione e punizioni come metodo educativo generano solo altra violenza, non comprensione e rispetto delle regole né collaborazione.
LA VIA DI MEZZO
Eppure può, e deve, esserci un modo affinché la scuola sia un ambiente armonico. Che non vuol dire privo di conflitti ma capace di gestirli. Né ramanzine, né umiliazioni. È possibile e necessario accompagnare i “bulli” a comprendere le ragioni per le quali la violenza non è un’opzione, far loro conoscere modalità di relazione diverse. Questo è un compito anche della scuola. Umiliare e punire non sono educazione, ma la conferma della violenza come modalità di relazione ammissibile ed efficace.
È vero che noi di Scuole CODE parliamo da una posizione privilegiata, non dobbiamo gestire una comunità scolastica ma singoli studenti. Tuttavia chiunque si occupi di educazione non può non dire ad alta voce che tutti i ragazzi vanno protetti e aiutati: nessuno dovrebbe subire violenza e nessuno dovrebbe volerla infliggere.