L’educazione emotiva arriva a scuola
- Pubblicato da Emanuela Cattaneo
- Categoria Cultura e società
- Data 11 Gennaio 2024
Pare che sentiremo parlare sempre più di educazione emotiva. Negli ultimi anni si sta diffondendo come vera e propria materia scolastica, soprattutto all’estero ma anche in Italia. La sua funzione è importantissima e genera benefici concreti per gli studenti: lo scopo è insegnare a riconoscere e gestire le proprie emozioni, comprendere meglio se stessi e gli altri, superare frustrazioni e sofferenze.
Gli anglosassoni definiscono life skills tutte quelle competenze utili nella vita che possono accrescere il benessere psicologico e sociale della persona. Negli Usa, da parecchio tempo, in alcuni Stati e molti distretti il Social and Emotional Learning (SEL) è una materia a scuola.
Da dove viene l'educazione emotiva
L’educazione emotiva deriva dal concetto di intelligenza emotiva, di cui si parla in psicologia dal 1990. Due docenti americani, John Mayer, e Peter Salovey - presidente della Yale University, fondatore del Center for Emotional Intelligence - hanno inaugurato gli studi sull’argomento, poi salito alla ribalta nel 1995 con il best seller mondiale di Daniel Goleman, “Intelligenza emotiva” (testo interessantissimo e leggibilissimo, peraltro).
Di cosa si tratta
Nel 1990 Salovey e Mayer scrivono «Definiamo l’intelligenza emotiva come il sottoinsieme dell’intelligenza sociale che comprende la capacità di monitorare i propri sentimenti e le proprie emozioni, di discriminare tra loro e utilizzare queste informazioni per guidare il proprio pensiero e le proprie azioni. Noi assumiamo che i compiti quotidiani [...] e il pensiero costruttivo [...] siano carichi di informazione affettiva, e che questa informazione affettiva debba essere elaborata (forse in modo diverso rispetto alle informazioni cognitive) e che gli individui possano differire nell’abilità con cui lo fanno».
Più nello specifico
Un ulteriore aiuto per comprendere l’intelligenza emotiva lo dà Stephanie Jones - direttrice l’Ecological Approaches to Social Emotional Learning (Easel) Laboratory della Harvard Graduate School of Education - che raggruppa le competenze emotive in tre ambiti.
- Competenze emozionali di base: capire, esprimere e gestire le emozioni, cambiare prospettiva e sviluppare l’empatia. Necessarie per affrontare frustrazione, disagio, agitazione. Sostanzialmente servono a non cedere subito e a distinguere le sensazioni che derivano dalle emozioni che a loro volta derivano dalle esperienze.
- Competenze di regolazione del funzionamento cognitivo: saper “organizzare” le proprie azioni in funzione di un obiettivo, quindi utilizzando concentrazione, programmazione, coordinamento, scelta consapevole tra più alternative e autocontrollo.
- Competenze sociali e interpersonali: interpretare il comportamento degli altri, saper comprendere e agire adeguatamente nelle diverse situazioni, costruire relazioni positive, sia inter pares sia con gli adulti. Tutte competenze necessarie per collaborare, risolvere i conflitti, essere parte di un gruppo.
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Gli effetti dell'educazione emotiva sugli studenti
Sempre Stephanie Jones scrive: “L’educazione socio-emotiva nelle scuole può avere nel breve termine conseguenze positive sull’apprendimento, aumentando la costanza e favorendo un ottimale atteggiamento verso la scuola stessa. Nel lungo termine può quindi limitare il bullismo, l’abbandono scolastico e perfino contenere l’abuso di droghe e alcol. Una recente analisi dei costi-benefici ha evidenziato che i programmi di educazione socio-emotiva possono generare un importante vantaggio economico, con un ritorno medio degli investimenti di 11 a 1.”
Cosa fa l'educazione emotiva nel profondo
Portare le emozioni a un livello più consapevole cosicché la pulsione possa essere gestita: è questo che può far sì che la frustrazione di fronte a un rifiuto o a un fallimento possa essere sopportata. La frustrazione è peraltro il disagio che sta alla base delle dipendenze, in drammatico aumento dalla fine degli anni Novanta. “La pulsione è un buco nero e ci inghiotte; l’emozione, invece, è una linea sulla quale possiamo declinare il nostro comportamento”. Educare (al)le emozioni è proprio questo: fornire gli strumenti per convivere con le regole e con le normali delusioni della vita, per migliorare il dialogo e stimolare il problem solving, per aumentare l’empatia e per affrontare la rabbia e i conflitti, comunicando in maniera pulita, senza farsi travolgere da quello che si prova.
L'educazione emotiva in Italia
Nel 2019, il Parlamento italiano approva il Ddl per reintrodurre l’educazione civica nella scuola e vara un ordine del giorno che impegna il governo «ad assumere iniziative volte a promuovere, nell’ambito dell’educazione civica, l’educazione sociale e l’intelligenza emotiva in classe, affinché gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado possano sviluppare le proprie capacità sociali, imparino a riconoscere e verbalizzare le emozioni, a controllarle, a prevenire e risolvere i conflitti».
Ebbene, anche la scuola del nostro paese sta prendendo in considerazione gli aspetti più impalpabili del processo di apprendimento: non solo l’aspetto nozionistico/cognitivo ma anche quello del sentire. Comprendiamo profondamente l’importanza di questo lavoro, per questo abbiamo costruito il nostro sistema intorno al concetto della vicinanza allo studente. Sentirsi appoggiati e seguiti aiuta a gestire meglio l’ansia, i dubbi e i timori che è normale affrontare quando si intraprende un percorso nuovo. Perché studiare non è solo raggiungere il diploma ma anche arrivarci con motivazione e soddisfazione attraverso una crescita personale a tutto tondo.